I laboratori

La produzione e il consumo di energia richiedono modelli di business sostenibili, soprattutto per le aziende energivore. Tuttavia, la sostenibilità è un fenomeno complesso, soprattutto nei settori ad alta tecnologia, e richiede l'integrazione di diverse conoscenze per un'innovazione sostenibile attraverso una rete di partnership. La letteratura recente afferma che l'innovazione dei modelli di business (BM), basata su reti e partnership, è fondamentale per lo sviluppo sostenibile. La teoria della dipendenza dalle risorse (RDT) aiuta a spiegare come i diversi livelli di dipendenza inducano le aziende a creare legami di rete, trasformando il loro BM per la sostenibilità. La creazione di alleanze con altre organizzazioni fornisce una fonte di informazioni, conoscenze e altre risorse per aiutare a risolvere problemi complessi.   Con l'ausilio di un caso di studio incentrato sulla rete per l'energia verde in Italia, questa ricerca offre prove empiriche su come le nuove forme di interdipendenza che nascono all'interno della rete guidino i cambiamenti nella BM delle imprese, concentrandosi sui tre principali elementi della BM: proposta di valore, cattura del valore, creazione e fornitura di valore. La rete costringe i suoi partecipanti ad ampliare la loro definizione di valore e a includere la creazione di valore sia per l'azienda che per la società come obiettivo del BM.  La rete permette anche la condivisione di nuovi concetti, conoscenze e pratiche, creando e rafforzando così un approccio diverso e creando nuovi prodotti o progetti, basati su nuovi legami tra i partecipanti, consolidando ulteriormente la rete. I dati dimostrano che le reti aiutano a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità risolvendo il problema della dipendenza dalle risorse; tuttavia, si assiste all'emergere di nuove dipendenze dai partner della rete e dalla rete stessa.   Questi risultati hanno implicazioni per gli operatori del settore e per la ricerca futura sulle reti e sui modelli di business sostenibili.  

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Le preoccupazioni per lo sviluppo sostenibile e l'uso responsabile delle risorse naturali hanno spinto le imprese a integrare la sostenibilità nelle loro strategie, portando al concetto di modello di business sostenibile (SBM). Questa ricerca si propone di analizzare il modo in cui i modelli di business sostenibile e le partnership commerciali si evolvono per migliorare la sostenibilità delle organizzazioni coinvolte e diffondere la cultura della sostenibilità al di là della rete. Questo articolo presenta un caso di studio dell'azienda Alisea come impresa che opera all'interno di un modello di business circolare, insieme alla sua rete di partnership. Lo studio dimostra come un modello di business incentrato sull'ambiente possa incorporare anche aspetti sociali ed economici attraverso le collaborazioni e identifica i fattori abilitanti chiave per questo modello di business circolare collaborativo: valori condivisi, assenza di comportamenti opportunistici, condivisione della conoscenza, fiducia e impegno.  La diffusione della cultura, dell'educazione e dell'innovazione sostenibile ha portato a nuove opportunità di business per Alisea e i suoi partner, inizialmente all'interno della catena di fornitura, per poi estendersi alle organizzazioni no-profit e del settore pubblico in una sorta di circolo virtuoso.  Il BM a filiera multipla di Alisea e la sua rivoluzionaria proposta di valore lasciano spazio a un nuovo BM, in cui i partner co-creano nuovi prodotti che consentono una sorta di "restituzione" della crescita, grazie alla condivisione delle conoscenze e alla creazione di relazioni, in una situazione win-win.  Questo lavoro contribuisce alla letteratura sulle SBM, sulle imprese e sulle partnership intersettoriali esprimendo le influenze reciproche sui rispettivi percorsi di evoluzione e l'idea che un singolo progetto condiviso con un partner sia solo l'inizio di una serie indefinita di opportunità basate sulla rete di relazioni che sostiene il progetto.

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La sfida dello sviluppo sostenibile è sempre più presente nelle agende degli imprenditori. Le imprese sono considerate responsabili di effetti sociali e ambientali, ma anche attori in grado di incorporare efficacemente soluzioni di sostenibilità nel mercato. La letteratura sulla responsabilità sociale d'impresa (RSI) nelle piccole e medie imprese (PMI), evidenzia come queste aziende siano meno coinvolte nell'implementazione della sostenibilità, a causa dei vincoli di risorse e della limitata percezione della convenienza economica della sostenibilità. Il documento si propone di identificare i principali driver o ostacoli all'implementazione della sostenibilità e di verificare eventuali differenze significative tra piccole e grandi imprese analizzando 3 fattori che influenzano l'attuazione delle pratiche di sostenibilità: le pressioni dall'ambiente esterno, i benefici attesi dall'attuazione della sostenibilità e le caratteristiche dell'imprenditore nel guidare l'attuazione di pratiche strategiche.I risultati evidenziano l'esistenza di alcune caratteristiche comuni tra piccole e grandi imprese, in particolare per quanto riguarda le motivazioni, i valori dell'imprenditore e la visione aziendale. Emerge il ruolo centrale dei valori degli imprenditori nel motivare un modo più sostenibile di condurre gli affari, mentre le grandi aziende, spinte da pressioni esterne, sono più concentrate su un approccio strategico alla RSI rispetto alle piccole imprese.

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La visione tradizionale del purpose delle imprese, incentrata sul profitto, è sempre più messa in discussione da un approccio più ampio e multi-obiettivo che riconosce il valore sociale che le imprese possono generare. Questo cambiamento ha portato all'emergere di nuovi modelli aziendali, come le società benefit, che bilanciano la generazione di profitto con obiettivi sociali e ambientali. L'Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre un quadro giuridico per le società benefit, riconoscendole come entità giuridiche distinte. Le BC operano con un impegno di sostenibilità, trasparenza e responsabilità nei confronti di diversi stakeholder. Tuttavia, il purpose delle società benefit rimane poco esplorato, in particolare nel contesto delle imprese italiane. Questo studio si propone di fornire evidenze empiriche sulle finalità organizzative delle società benefit italiane attraverso l'analisi qualitativa dei contenuti delle dichiarazioni pubbliche di 94 società benefit di diversi settori. La ricerca categorizza i fattori determinanti per l'adozione della società benefit in fattori di livello micro (individuale), meso (organizzativo) e macro (sociale). I risultati indicano che, sebbene molte società benefit si concentrino sulla conformità legale, sulla sostenibilità, sul bene comune e sulla creazione di profitto, la visione del purpose è spesso vaga e multidimensionale. L'analisi rivela diversi modelli di business utilizzati dalle società benefit, come le pratiche di economia circolare, il valore condiviso e il capitale relazionale. Nonostante il riconoscimento legale del loro statuto di società guidate da uno scopo, lo studio evidenzia una mancanza di chiarezza nel modo in cui le società benefit realizzano e comunicano i loro obiettivi di beneficio. La ricerca conclude che, sebbene le società benefit mostrino un impegno verso i benefici per la società, è necessario un ulteriore esame per garantire l'autenticità dei loro obiettivi dichiarati e prevenire un potenziale greenwashing.  

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Il commercio solidale svolge un ruolo cruciale nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, promuovendo un'economia globale più democratica che sostenga i piccoli produttori dei Paesi in via di sviluppo. All'interno di questo sistema, le organizzazioni intermedie agiscono come ponti essenziali, collegando i produttori delle economie emergenti con le aziende lucrative dei Paesi sviluppati. Queste organizzazioni sono considerate ambidestre, in quanto bilanciano l'esplorazione della conoscenza, che porta all'innovazione, e lo sfruttamento della conoscenza, che aumenta l'efficienza. Questa “ambidestria” consente loro di stimolare sia l'impatto sociale sia le prestazioni commerciali all'interno del sistema del commercio solidale.   Attraverso una ricerca qualitativa, che comprende interviste e analisi finanziarie, lo studio indaga come aziende quali Altromercato (AM) riescano a trovare un equilibrio tra esplorazione e sfruttamento, contribuendo sia all'efficienza a breve termine che all'innovazione a lungo termine. Altromercato, in quanto attore centrale della rete del commercio solidale, facilita il trasferimento di conoscenze e competenze lungo la filiera. L'organizzazione aiuta a migliorare i processi per i partner upstream e fornisce prodotti di qualità superiore alle imprese downstream, condividendo anche le competenze manageriali. Mentre AM eccelle nel promuovere l'innovazione, il suo coinvolgimento nel miglioramento dell'efficienza operativa è stato limitato per i suoi partner e per sé stessa, con conseguenti problemi finanziari. Tuttavia, la capacità di AM di sostenere contemporaneamente sostenibilità e redditività dimostra il suo ruolo ambidestro nell'ecosistema del commercio solidale.   Lo studio identifica anche asimmetrie nel trasferimento di conoscenze tra partner upstream e downstream, suggerendo aree di ulteriore sviluppo. Nel complesso, questa ricerca fornisce spunti teorici fondamentali e raccomandazioni pratiche per migliorare la sostenibilità economica delle organizzazioni di commercio equo e solidale come AM, offrendo al contempo una base per future ricerche sull'ambidestria nelle imprese di commercio solidale. 

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Dal 2016 sono comparse in Italia le Società Benefit (SB), nate con lo scopo di perseguire, oltre all’attività economica, finalità di beneficio comune (sociale e ambientale), operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente.Queste società sono tenute ad inserire nello Statuto gli obiettivi di beneficio comune prefissati, a misurare annualmente i propri impatti e a rendicontare il proprio impegno attraverso la redazione di una relazione d’impatto. Questo studio indaga quali caratteristiche presentano le società con questa veste giuridica e come stanno adempiendo ai requisiti di rendicontazione richiesti dalla normativa italiana.La ricerca ha analizzato la diffusione geografica, settoriale, dimensionale, nonche alcuni aspetti di governance e le relazioni d’impatto pubblicate.I dati mostrano come le SB siano prevalentemente società di piccole dimensioni, di nuova costituzione e che esercitano prevalentemente attività di servizi. Emerge anche come molte società italiane, soprattutto di medio-grandi dimensioni, attuano da anni pratiche di responsabilità sociale d’impresa, ma pochissime formalizzano il loro impegno a essere SB attraverso la modifica statutaria.SI nota anche una discrasia tra lo status SB e l’ottenimento della certificazione in quanto solo alcune delle SB è già certificato, mentre la maggior parte adotta solamente la veste giuridica.L’analisi sulle relazioni d’impatto mostra che sono ancora molte le aziende che non rispettano i requisiti normativi di rendicontazione e di valutazione d’impatto. Le relazioni pubblicate raramente contengano KPI di monitoraggio, spesso non forniscono la possibilità di confronto dati per diverse annualità e contengono prevalentemente obiettivi generici da cui non scaturiscono piani d’azione espliciti.Vengono proposti stimoli per future ricerche.

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Il paper si inserisce in un filone molto diffuso di questi tempi, quello della sostenibilità, e offre spunti di riflessione in ordine alle sfide che si aprono nel reporting di sostenibilità da un punto di vista organizzativo e professionale. Fonda la propria analisi sulla teorizzazione di Suddaby e Viale (2011) relativa alla rimodellazione delle organizzazioni, ed evidenzia come gli "spazi organizzativi", gli attori, le regole e il capitale professionale si evolvono di mano in mano che la sostenibilità viene incorporata nel reporting aziendale.   Per queste ragioni il paper ha anche forti implicazioni pratiche per le imprese, le organizzazioni di ogni genere, i professionisti della rendicontazione e gli Albi professionali. Il lavoro offre infatti una lente per interpretare le sfide aziendali e professionali associate alle più recenti evoluzioni della pratica di rendicontazione della sostenibilità e della definizione dei relativi standard e suggerisce altresì un'agenda per la ricerca futura in questo campo.  

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Il reporting integrato (IR) rappresenta un'iniziativa di trasformazione del reporting aziendale, che fonde informazioni finanziarie e non finanziarie per fornire una visione olistica della strategia di creazione del valore di un'organizzazione. Questo studio analizza gli effetti dei report integrati pubblicati volontariamente sugli stakeholder finanziari, concentrandosi in particolare sulle previsioni degli analisti in diversi contesti istituzionali. Attraverso un'analisi quantitativa estesa su tre anni, la ricerca esplora la relazione tra il rilascio di IR e l'accuratezza delle previsioni degli analisti, considerando il ruolo moderatore delle caratteristiche istituzionali a livello di Paese. Il campione di studio comprende 218 società - 139 che adottano le IR e 79 che no - identificate grazie al Database Esempi di IR dell'IIRC.   I risultati indicano che gli analisti prevedono gli utili per azione con maggiore accuratezza per le società che adottano l'IR, soprattutto in contesti caratterizzati da una forte regolamentazione istituzionale, mentre in contesti istituzionali deboli il rilascio di IR non è vantaggioso per l'accuratezza delle previsioni. Tuttavia, in contesti caratterizzati da un' elevata qualità normativa e da società pluralistiche, l'informatività di RI diminuisce, suggerendo che le informazioni obbligatorie possono mettere in ombra i benefici della rendicontazione volontaria.  Questa ricerca contribuisce alla letteratura esistente dimostrando che i vantaggi dell'IR non sono uniformi tra i vari Paesi e sono significativamente influenzati dai quadri istituzionali. Inoltre, sottolinea l'importanza degli incentivi per il management legati all'ESG nel guidare l'adozione dell'IR. Le implicazioni si estendono ai responsabili politici e alle autorità di regolamentazione, sottolineando la necessità di una maggiore applicazione dell'informativa non finanziaria per promuovere un comportamento aziendale responsabile. Le ricerche future dovrebbero approfondire il modo in cui le diverse caratteristiche istituzionali determinano l'efficacia e l'utilità dell'informativa integrata all'interno dei mercati dei capitali, arricchendo così la nostra comprensione del suo impatto sugli analisti finanziari e sugli stakeholder. 

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In un contesto di crescente attenzione globale al reporting di sostenibilità, questo studio esplora l'adozione volontaria dell'Integrated Reporting (IR) e la sua rilevanza nei mercati finanziari. Nonostante l'aumento dei requisiti obbligatori di informativa non finanziaria, la piena integrazione delle informazioni finanziarie e di sostenibilità rimane volontaria, in particolare nell'Unione Europea (UE), dove il reporting aziendale sta subendo una trasformazione significativa. Utilizzando un campione di 133 società elencate nell'IR Examples Database dell'IIRC e altre fonti, questo studio analizza l'associazione tra il rilascio di IR e le previsioni degli analisti finanziari, concentrandosi sull'accuratezza e la dispersione delle previsioni in diversi contesti istituzionali. I risultati rivelano che l'informatività delle IR varia significativamente a seconda del Paese: in contesti istituzionali forti, la diffusione delle IR migliora l'accuratezza delle previsioni degli analisti, mentre il suo impatto in contesti più deboli è limitato. Inoltre, le IR sono coerentemente collegate a una minore dispersione delle previsioni, indicando un maggiore consenso tra gli analisti.   Questi risultati evidenziano il ruolo moderatore dei contesti istituzionali nel determinare il valore delle IR per i mercati finanziari e sottolineano la necessità di misure normative per imporre le IR o rafforzare i contesti istituzionali. Lo studio offre anche una panoramica sui potenziali effetti delle revisioni proposte dall'UE alla direttiva del 2014 sulle informazioni non finanziarie, che mira a introdurre l'obbligo di rendicontazione e quadri normativi standardizzati, migliorando così la comparabilità delle informazioni.  Lo studio suggerisce che questi cambiamenti aumenteranno l'importanza del reporting volontario sulla sostenibilità, a beneficio dei mercati dei capitali grazie al miglioramento delle capacità predittive degli analisti. Lo studio ha implicazioni per manager aziendali, politici e autorità di regolamentazione, sottolineando l'importanza strategica dell'IR e la necessità di armonizzare gli standard di rendicontazione non finanziaria. Vengono inoltre discussi i limiti della ricerca e le possibilità di esplorazione futura. 

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Nel 2015, l'Italia ha introdotto una nuova forma giuridica - la “società benefit” - che fornisce uno status giuridico alle società che hanno uno o più obiettivi di beneficio comune oltre a quello di ricerca del profitto. Le società benefit italiane sono obbligate per legge a operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente e a includere nella loro strategia aziendale gli interessi di diversi stakeholder, come dipendenti, clienti, fornitori e società civile. L'Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre un quadro giuridico per le società benefit e ha quindi svolto il ruolo di pioniere nel contesto europeo. Questo studio esamina il caso italiano applicando un'analisi statistica testuale a 125 dichiarazioni di missione pubblica di società benefit, identificando il concetto di “beneficio” che emerge dalle dichiarazioni di missione.   I risultati confermano la tesi secondo la quale le società benefit sono aziende che hanno alla base valori di sostenibilità o di comunità e classificano le società benefit italiane in termini di promozione delle competenze individuali, sviluppo di un nuovo modello di business e servizio alla società.   Sebbene lo studio non mostri l'evoluzione nel tempo delle dichiarazioni di missione delle società benefit italiane, fornisce prove dell'imprinting identitario da parte dei fondatori o dei proprietari nei primi anni, dove il ruolo dei proprietari e dei manager delle PMI influenza significativamente l'impegno delle organizzazioni nelle questioni sociali e ambientali.   Questo studio contribuisce al dibattito sul contenuto delle dichiarazioni di missione, fornendo prove empiriche su questa nuova forma di impresa, e fornisce alcune implicazioni pratiche per manager, imprenditori e responsabili politici. 

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Una maggiore attitudine dell'organizzazione a valorizzare la co-produzione degli utenti facilita i migliori risultati in termini di raccolta differenziata. 

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Una benefit corporation (BC) è lo status giuridico di un'impresa che abbraccia un modello di business (BM) a duplice scopo: massimizzare il valore per gli azionisti e soddisfare gli interessi degli stakeholder. Finora la letteratura si è concentrata sulle motivazioni alla base della nascita o della trasformazione delle BC, sui fattori che possono favorirne la nascita e sui risultati che le aziende ottengono dopo la trasformazione, nonché sugli studi sulla nuova legislazione delle BC. Altri studi hanno esaminato come si può comporre la dualità degli scopi (profitto vs. benefici sociali) e i rischi di una deriva della missione che favorisce la massimizzazione del profitto nelle BC. Attingendo alla teoria degli stakeholder, questo studio si propone di evidenziare il ruolo degli stakeholder nel processo di trasformazione da una BM tradizionale a scopo di lucro a un modello di BC. Adottiamo un approccio qualitativo attraverso un caso di studio longitudinale per osservare la transizione di una piccola-media impresa in una BC. I risultati mostrano come le pratiche di gestione e di coinvolgimento coesistano nelle relazioni con gli stakeholder e come prevalga un approccio strumentale.

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L'obiettivo dello studio è analizzare la presenza di diverse possibili combinazioni di caratteristiche aziendali che conducano ad una elevata performance di sostenibilità nelle B Corp certificate. L'analisi si basa su un approccio configurazionale e sulla metodologia Qualitative Comparative Analysis (QCA); le caratteristiche aziendali considerate sono dimensione e anzianità aziendale, redditività, esperienza di certificazione, presenza di donne nel CDA e il fattore "Born B" che individua società che si certificano entro un anno dalla loro costituzione. I risultati indicano 4 possibili configurazioni di caratteristiche che conducono ad un elevato B Impact Assessment. Rispetto ad una letteratura nascente e finora concentrata sull'analisi dell'impatto della certificazione B Corp sulle performance economico-finanziarie, questo studio contribuisce all'approfondimento dei driver della performance di sostenibilità nelle B Corp, indicando che la combinazione di essi è rilevante, più che l'effetto separato di ciascuno. 

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L’articolo analizza le pratiche di sostenibilità aziendale interne ed esterne, insieme all'agilità della supply chain, per migliorare le perfomance. Le pratiche interne riguardano risorse umane, comunità e ambiente, mentre quelle esterne si concentrano sulla sostenibilità sociale e ambientale della supply chain e la responsabilità verso i clienti. I risultati derivano da un questionario su oltre 150 aziende manifatturiere e commerciali, analizzati con fsQCA, e rivelano 6 diverse configurazioni per ottenere la stessa performance di sostenibilità elevata. Le pratiche individuate e l'agilità della supply chain sono risorse chiave per i manager che vogliono ottenere risultati di sostenibilità significativi. Il framework teorico che ha permesso di spiegare quanto trovato è la Resource Orchestration Theory (ROT), che evidenzia l'importanza della combinazione delle pratiche, non del loro singolo effetto. Sono implicazioni importanti per le imprese per massimizzare la sostenibilità aziendale attraverso una gestione oculata delle risorse e una configurazione strategica delle pratiche interne ed esterne lungo la supply chain. 

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La relazione tra responsabilità sociale d'impresa (CSR) e performance finanziaria (FP) non è stata studiata a fondo in letteratura. In particolare, non è stata approfondita la natura della relazione tra i due costrutti. Pertanto, sulla base della visione basata sulle risorse e della teoria degli stakeholder, questo studio ha esaminato teoricamente ed empiricamente la relazione tra la prospettiva economica della CSR e la FP, analizzando il ruolo di mediazione del vantaggio competitivo nel contesto empirico delle aziende del settore petrolifero e del gas a valle del Pakistan. Sulla base delle 178 risposte fornite dai dipendenti di livello manageriale di queste aziende, i risultati empirici confermano l'ipotesi dello studio secondo cui l'implementazione della CSR nell'industria petrolifera e del gas è guidata da fattori economici e ha una relazione positiva con la FP, mentre il vantaggio competitivo media parzialmente la relazione tra CSR economica e FP. I risultati dello studio hanno importanti implicazioni pratiche e manageriali per le imprese del settore petrolifero e del gas, che rientrano nel business case. 

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Questo studio presenta i risultati di un’analisi empirica sulle componenti dei modelli di business sostenibili (SBM) nel settore lattiero-caseario, in relazione alle caratteristiche organizzative rilevanti per l’azienda (dimensione, forma giuridica e tipologia di produzione) e utilizzando come chiavi di lettura il Business Model Framework e la Sustainable Value Exchange Matrix.   L'analisi ha portato a definire tre tipologie di modelli di business sostenibili:    “basata sull’autenticità”: Questo modello enfatizza la sostenibilità implicita nei valori dell'imprenditore e nell'artigianalità dei processi di produzione. “basata sull’integrità dell’offerta”: Questo modello mette in evidenza l'importanza dell'etica nella catena di approvvigionamento, inclusi il rispetto ambientale e l'equità economica tra gli attori della catena.    “orientata al mercato”: Questo modello si basa sulla soddisfazione delle aspettative del mercato in materia di sostenibilità. Le aziende con questo modello sono aperte alla diversificazione del prodotto e pongono un'enfasi particolare sulla sostenibilità ambientale ed economica, nonché sull'innovazione tecnologica nei processi.  

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Un numero crescente di aziende sta integrando la sostenibilità nelle proprie pratiche gestionali per affrontare sfide socio-ambientali, svolgendo un ruolo critico nel perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Questo cambiamento incoraggia le aziende a riprogettare i loro modelli di business (BM) per bilanciare le prestazioni finanziarie con la creazione di valore sostenibile.  Nonostante il crescente interesse per modelli di business sostenibili (SBM), la comprensione di come questi possano essere implementati e allineati con gli SDGs è limitata. Questa ricerca si concentra sulle aziende manifatturiere italiane orientate alla sostenibilità, esaminando come queste attuino SBM per raggiungere SDG.  Utilizzando una metodologia qualitativa e un approccio a casi multipli, i risultati rivelano che queste aziende esprimono una chiara proposta di valore sostenibile, attuata attraverso un'ampia varietà di pratiche sostenibili. Il passaggio a SBM è una decisione volontaria e consapevole, dato che queste aziende riconoscono la loro responsabilità nel guidare lo sviluppo sostenibile.   Ciascuna pratica sostenibile contribuisce in modo diverso a specifici SDG, con aziende che dimostrano lo stesso impegno sia per la dimensione ambientale che per quella sociale. Le pratiche identificate hanno un impatto su 11 dei 17 SDG, il che riflette una gamma diversificata di contributi agli obiettivi. Lo studio evidenzia anche le aree in cui le aziende stanno già dando un forte contributo e le opportunità di ulteriore sviluppo dei loro sforzi di sostenibilità.  Mentre la maggior parte degli sforzi si concentra sulle pratiche interne, un numero minore di iniziative punta a migliorare le condizioni di vita al di fuori dei confini aziendali. Le aziende sottolineano inoltre l'importanza delle partnership con gli stakeholder locali e globali per costruire un ecosistema sostenibile.  Questi risultati non dovrebbero essere considerati un punto di arrivo, ma piuttosto uno stimolo per lo sviluppo di un approccio più ampio al processo di gestione della sostenibilità. La ricerca suggerisce aree di ricerca future per sviluppare questo tema. 

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Un numero crescente di aziende a scopo di lucro sta elevando la responsabilità sociale d'impresa (RSI) a livello strategico, integrando la sostenibilità nelle proprie pratiche di gestione per affrontare le questioni socio-ambientali. Queste si distinguono in benefit corporations (BC) e B-Corp certificate. Comunicare efficacemente la missione dell'organizzazione come sostenibile e orientata allo scopo può produrre vantaggi in termini di immagine e reputazione aziendale.   Questo studio si propone di identificare le componenti delle dichiarazioni di missione delle BCorp italiane e di analizzare quelle che esprimono e portano a performance finanziarie e di sostenibilità.    Sulla base dell'analisi dl contenuto e comparativa-qualitativa di più casi di studio, i risultati hanno rivelato che le componenti della dichiarazione di missione esprimono una duplice identità, con la dimensione della sostenibilità ambientale e sociale più marcata rispetto alla dimensione finanziaria.  Mentre tutte le dichiarazioni hanno generato un impatto al di là dei confini dell'organizzazione, solo alcune sono rivolte a specifici stakeholder, in particolare i clienti, la società e l'ambiente, mentre altre hanno trascurato investitori e dipendenti.    I risultati mostrano che le componenti delle dichiarazioni di missione delle BCorp certificate italiane sono meno legate alla performance finanziaria e più alla performance di sostenibilità, il che è legato alla strategia di comunicazione, che mira a rendere le dichiarazioni il più attraenti possibile per alcuni stakeholder.   Una performance di sostenibilità più o meno elevata delle BCorp certificate dipende da una combinazione di più fattori. I risultati evidenziano l'importanza di produrre una dichiarazione di missione di alta qualità    Nel complesso, lo studio evidenzia la necessità di regolamentazioni e dell'intervento dei politici per sostenere lo sviluppo delle BC, le cui attività possono influire positivamente sui mercati, sulla società e sull'ambiente.   Vengono fornite implicazioni teoriche, pratiche e sociali, insieme a suggerimenti per future opportunità di ricerca. 

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Non solo i governi nazionali e le istituzioni globali, ma tutte le imprese sono chiamate a integrare la sostenibilità nelle loro pratiche di gestione, comprese le piccole e medie imprese (PMI).   Questa ricerca esamina il ruolo cruciale delle PMI nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite attraverso partnership strategiche. Le PMI, che rappresentano il 90% delle imprese globali e una parte significativa dell'occupazione, spesso non hanno le risorse per perseguire gli SDGs in modo autonomo. Al contrario, fanno leva sulle collaborazioni tra più soggetti per migliorare i loro sforzi di sostenibilità. Lo studio analizza le caratteristiche dei partner efficaci che consentono alle PMI di contribuire in modo significativo agli SDGs, rivelando che il successo di una partnership dipende in larga misura dalle caratteristiche dei partner.     Utilizzando una metodologia qualitativa, questa ricerca impiega un approccio basato su un caso di studio incentrato sull'industria della moda, nota per i suoi sostanziali impatti sociali e ambientali negativi. Il caso di studio del marchio di moda WRAD, in collaborazione con diversi partner, mostra che le aziende coinvolte perseguono l'obiettivo della sostenibilità in ogni aspetto dei loro processi. Il loro contributo collettivo alla generazione di valore sostenibile è delineato in termini di dimensioni economiche, ambientali, sociali e di scopo. I risultati principali evidenziano l'importanza di una leadership proattiva, del coinvolgimento degli stakeholder e di strategie di comunicazione integrate per promuovere partnership di successo.  Lo studio suggerisce ulteriori ricerche sulle dinamiche di partnership per ottimizzare i contributi delle PMI agli SDGs. 

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La conoscenza è sempre più riconosciuta come una risorsa critica per ottenere un vantaggio competitivo, in particolare nelle piccole e medie imprese (PMI) a conduzione familiare, dove le risorse limitate richiedono meccanismi efficaci di condivisione della conoscenza, poiché esiste un forte legame tra la condivisione della conoscenza e la performance delle imprese. Questo studio esplora il ruolo delle comunità di pratica (CoP) nel facilitare la condivisione delle conoscenze all'interno delle PMI familiari, in particolare coinvolgendo sia i membri della famiglia che non familiari. Le CdP, in quanto gruppi informali che favoriscono la collaborazione tra individui con interessi comuni, emergono come strumenti efficaci per il trasferimento di conoscenze tacite ed esperienziali.   Adottando un approccio basato sull'identità sociale, lo studio concettualizza le imprese familiari come ambienti complessi in cui le identità familiari e aziendali che si sovrappongono danno forma alle dinamiche sociali delle CdP. Basandosi su diversi casi studio di PMI europee a conduzione familiare analizzati tra il 2014 e il 2021, la ricerca evidenzia come le CdP colmino le lacune nella condivisione delle conoscenze tra membri della famiglia e non. I risultati rivelano che le CoP consentono solide interazioni sociali e lo scambio di conoscenze a prescindere dalle posizioni gerarchiche, con i leader della comunità che svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere la funzione del gruppo come meccanismo di condivisione delle conoscenze.  Lo studio sottolinea il ruolo essenziale della famiglia proprietaria nel promuovere l'allineamento intorno alle idee innovative e nel sostenere il processo di acquisizione delle conoscenze, facilitando al contempo l'acquisizione di conoscenze da parte di collaboratori esterni. Inoltre, la partecipazione intergenerazionale all'interno delle CoP migliora l'innovazione integrando le diverse competenze, culture e obiettivi degli stakeholder coinvolti.   L'evidenza sottolinea come le CdP rafforzino i processi decisionali, guidino l'innovazione e sostengano lo sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni.   Questa ricerca contribuisce alla letteratura sulla condivisione delle conoscenze nelle imprese familiari, offrendo spunti pratici sull'operatività delle CdP e proponendo indicazioni per studi futuri volti a ottimizzare la gestione delle conoscenze nelle PMI.

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Lo studio, mediante un approccio metodologico qualitativo, esamina la relazione tra le dichiarazioni di mission di 161 B Corp italiane e la loro performance di impatto sociale, misurata dal B Impact Assessment (BIA).  La ricerca ha combinato diversi metodi qualitativi: content analysis, text mining e fsQCA in un disegno di ricerca omogeneo per esplorare il contenuto delle dichiarazioni di mission delle B Corps e la loro influenza sulle prestazioni di impatto sociale. I risultati rivelano che le dichiarazioni di mission delle B Corp sono di natura complessa, combinando elementi legati alla filosofia e ai valori, alla protezione dell’ambiente e ai benefici sociali con elementi di natura più spiccatamente imprenditoriali, come la spinta verso il successo sui mercati e la performance economica. Inoltre, le dichiarazioni di mission ricche di contenuti sono associate a migliori prestazioni di impatto sociale, evidenziando il ruolo della dichiarazione di mission nel creare identità e imprimere differenziazione tra B Corp. Infine, oltre a contribuire alla letteratura strategica sulle imprese socialmente orientate, questo studio offre raccomandazioni pratiche per imprenditori e manager delle B Corp per creare chiare dichiarazioni di mission che promuovano un impatto sociale positivo. 

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Le pratiche di sostenibilità dovrebbero produrre effetti positivi sulle aziende e sulla società. La letteratura si è occupata principalmente del rapporto tra pratiche di sostenibilità ambientali e performance di tipo finanziario. Pochi studi empirici si sono occupati della dimensione sociale della sostenibilità.  Questo articolo cerca di colmare queste lacune e contribuire agli studi sulla sostenibilità sociale ipotizzando una correlazione positiva tra le pratiche di sostenibilità sociale delle imprese – nei confronti dei dipendenti e della comunità - e performance sociale delle stesse, attraverso il ruolo di mediatori dell’orientamento alla sostenibilità sociale e dell'orientamento a lungo termine.  Per spiegare le relazioni ipotizzate vengono impiegate la Social Identity Theory e la Practice-based view. I dati sono stati raccolti attraverso un’indagine su un campione di imprese italiane dei settori manifatturiero e commerciale. Un modello a due stadi di equazioni strutturali è stato applicato per testare le relazioni ipotizzate e gli effetti di mediazione.  I risultati rivelano che quando le pratiche di sostenibilità sociale sono supportate da un forte orientamento sociale e al lungo periodo, si innesca il processo di identificazione sociale che porta ad ottenere migliori performance sociali. In sostanza, l’orientamento abbinato alle pratiche - e non le pratiche in sé - possono spiegare le differenze di performance tra le imprese. Per riuscire a migliorare gli impatti sociali, manager e policy maker dovrebbero sensibilizzare maggiormente le imprese a curare anche gli aspetti culturali della sostenibilità. 

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L’articolo tratta il tema della governance e del controllo della sostenibilità attraverso il caso studio di un’azienda manifatturiera (SIT SpA). Vengono in particolare descritti i ruoli e i meccanismi decisionali a livello di alta direzione e di management team, e il fondamentale ruolo del Sustainability Director come punto di contatto che favorisce una pianificazione e controllo della strategia di sostenibilità, con un approccio che combina flussi top-down e bottom-up. Viene inoltre descritto il ruolo del piano di sostenibilità per formalizzare le strategie delineate, renderle coerenti con quelle di business e garantirne una efficace attuazione. 

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Nell'ultimo decennio sono emerse imprese orientate alla sostenibilità, spinte non solo da motivazioni di profitto ma anche dall'impegno a servire il benessere della società e la tutela dell'ambiente, in particolare le B-corps.   Questo cambiamento ha prodotto campi di ricerca distinti ma intricati, come l'imprenditorialità sociale e l'imprenditorialità sostenibile.    L'imprenditorialità sociale è un processo che porta gli imprenditori a perseguire fini sociali piuttosto che il profitto, per guidare il cambiamento sociale, mentre l'imprenditorialità sostenibile è la combinazione di imprenditorialità sociale e ambientale e analizza il modo in cui gli imprenditori affrontano questioni come l'inquinamento, il cambiamento climatico, la deforestazione e altre trasgressioni ecologiche.   Mentre letteratura esistente si occupa di imprenditorialità sociale o sostenibile, mancano studi che cataloghino le convergenze e le divergenze di entrambe contemporaneamente.  Per colmare questa lacuna, questa ricerca si propone di identificare le differenze e le convergenze tra i due ambiti esaminando in modo esaustivo la letteratura accademica esistente e cercando di individuare i futuri percorsi di ricerca a partire dalla loro interconnessione.   La ricerca prevede una revisione di 209 articoli pubblicati tra il 2001 e il 2022. Di conseguenza, sono identificate convergenze e divergenze relative a fattori abilitanti, impatto, modelli di business, vincoli finanziari e strumenti di raccolta fondi.    Riconoscere l'importanza e la varietà dei fattori abilitanti per l'imprenditoria sociale e sostenibile consente agli imprenditori di incorporarli nelle loro strategie aziendali.    Dal punto di vista dello sviluppo delle politiche, questa rassegna sottolinea l'imperativa necessità di politiche di supporto che facilitino e promuovano l'imprenditorialità sociale e sostenibile.   L'articolo si conclude fornendo indicazioni sulle lacune di conoscenza associate al ruolo degli imprenditori, alle reti, alla misurazione dell'impatto, all'innovazione dei modelli di business e alla struttura del capitale delle imprese sociali e sostenibili. 

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Le organizzazioni sanitarie hanno un'impronta di carbonio significativa a causa del loro notevole consumo energetico e della produzione di rifiuti. Operando 24 h su 24 con apparecchiature elettroniche ad alta potenza e producendo migliaia di tonnellate di rifiuti di vario tipo, sono responsabili di circa il 4-5% delle emissioni totali di gas a effetto serra.   Nonostante la richiesta alle organizzazioni sanitarie di ridurre il loro impatto ambientale e di sviluppare pratiche ambientali efficaci, i responsabili politici e gli operatori non hanno ancora una visione olistica di come procedere.   Questa ricerca si propone di indagare l'impatto delle pratiche organizzative verdi (Green Organizational Practices, GOPs) sulle prestazioni di mitigazione dei cambiamenti climatici (Climate Change Mitigation Performance, CCMP) all'interno degli ospedali pubblici, in particolare nel NHS inglese, che si è impegnato a raggiungere zero emissioni entro il 2040.  Da un lato, i risultati evidenziano che, se considerata singolarmente, la pratica che sembra svolgere il ruolo più decisivo nel migliorare le prestazioni ambientali è l'acquisto di energia verde. Gli ospedali con risorse limitate potrebbero dare priorità all'acquisto di energia da fonti rinnovabili certificate per ottenere una performance ambientale elevata.  D'altro canto, i risultati evidenziano anche come l'impatto dei singoli GOP sul CCMP possa dipendere dalla presenza o dall'assenza di altre pratiche. In particolare, quando un'organizzazione sanitaria si impegna nell'acquisto di energia verde e tale scelta è allineata con una strategia orientata all'ambiente per la gestione degli immobili e delle strutture, le pratiche di avere un energy manager e un waste manager si combinano in modo intercambiabile. Al contrario, quando la strategia ambientale non gioca un ruolo di rilievo, questo può essere compensato dalla presenza di entrambi i ruoli.   Per quanto riguarda le implicazioni, il coordinamento e l'allineamento strategico delle diverse pratiche verdi sono di fondamentale importanza. I manager degli ospedali dovrebbero dare priorità all'integrazione di queste pratiche, identificando e sfruttando le loro sinergie e interazioni. Riguardo alle politiche, i risultati suggeriscono che le normative ambientali e gli standard di settore dovrebbero essere concepiti in modo da tenere conto della natura integrata delle pratiche verdi, consentendo ai singoli ospedali la flessibilità per adattare e modellare le proprie iniziative in materia di cambiamenti climatici. 

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Un nuovo panorama competitivo richiede ai manager di innovare i modelli di business. Basandosi su un quadro teorico che classifica le innovazioni dei modelli di business (BMI), l'articolo contribuisce alla letteratura che studia l'innovazione dei modelli di business verso la sostenibilità nelle attrezzature per il fitness all'aperto (OFE). L'OFE è un contesto che vale la pena indagare perché le tendenze emergenti stravolgono l'industria del fitness.La pandemia ha modificato il modo in cui queste aziende forniscono i loro servizi. Il concetto di benessere si è evoluto da “essere in forma” a “raggiungere uno stato di benessere”, che comprende la salute mentale, spirituale e fisica. A differenza del periodo pre-pandemico, i consumatori si concentrano sul sentirsi meglio piuttosto che sull'aspetto fisico. Basandosi su un caso di studio e utilizzando interviste multiple semi-strutturate, la ricerca offre una prova empirica del BMI nell'OFE. L'azienda ha innovato il proprio modello di business (BM), abbracciando la novità e la differenziazione e passando da un ripensamento della segmentazione della clientela. Inoltre, il caso mostra come BMI ampli la creazione di valore verso un percorso sostenibile, generando valore sociale e ambientale. La catena del valore e la capacità dell'azienda di collaborare con i propri fornitori sono fondamentali. Mentre le sfide generate dai cambiamenti nelle abitudini dei clienti innescano la BMI, il know-how dei fornitori e l'allineamento con la proposta di valore dell'azienda hanno spinto l'innovazione verso un SBM.Questa ricerca contribuisce alla letteratura sul BMI e sull'SBM. L' analisi permette alla ricerca futura di esplorare come le partnership tra aziende che operano lungo la stessa catena del valore emergano per il bene dell'BMI verso la sostenibilità. Vengono offerte implicazioni pratiche e manageriali. 

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