Il concetto di economia circolare (CE) e le iniziative di CE stanno prendendo piede sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo e rappresentano uno degli approcci più promettenti per organizzare un'attività economica sostenibile per il futuro, portando nuovi introiti e posti di lavoro.  Al centro dell'economia circolare c'è una riconfigurazione efficiente dei principali processi di gestione della catena di fornitura globale (SCM) che è alla base degli attuali modelli di produzione e consumo.  Questo articolo cerca di elaborare una comprensione concettuale del ruolo del SCM a sostegno del successo dell'implementazione della CE. Il documento traccia il modo in cui i cinque principi dell'EC (chiusura, rallentamento, intensificazione, restringimento e dematerializzazione dei cicli) si intersecano con otto processi SCM fondamentali (relazione con il cliente, con il fornitore, servizio al cliente, domanda, evasione dell'ordine, flusso di produzione, sviluppo e commercializzazione del prodotto, resi), fornendo così un quadro di riferimento e un'agenda di ricerca per gli stakeholder e gli studiosi che lavorano per adattare gli attuali processi della catena di fornitura e per guidare il cambiamento necessario. In questo modo, propone un nuovo elemento alla teoria SCM, mostrando come si relaziona con l'avanzamento della CE. La teorizzazione contenuta in questo articolo può essere utilizzata per sostenere le future ricerche volte ad aumentare la comprensione e la diffusione di come il SCM sarà il fattore trainante della transizione dai tradizionali approcci lineari alla produzione e al consumo a un approccio più circolare. 

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Gran parte delle economie sviluppate sono radicate in modelli di consumo lineari. Questi purtroppo non sono sostenibili a lungo termine e richiedono un intervento immediato per correggere gli impatti sociali, finanziari e ambientali che ne derivano.   Sebbene alcuni elementi di circolarità, come il riciclo e il compostaggio, siano già presenti nell'economia lineare, l’economia circolare fa un passo avanti. Un'importante area di innovazione riguarda la trasformazione dei rifiuti, in particolare dei rifiuti organici urbani, in una materia grezza adatta a sostituire le materie prime naturali. Recentemente è stato sviluppato un nuovo tipo di poliidrossialcanoati (PHA), una famiglia di termoplastici, per convertire gli scarti alimentari in una materia prima biodegradabile e multifunzionale, per contribuire a risolvere il problema dei rifiuti plastici.   Tuttavia, poco si sa sulle reazioni dei consumatori ai prodotti realizzati con PHA. Questo studio si propone quindi di rispondere a tre domande riguardanti l'intenzione di acquisto, la disponibilità a pagare e l'intenzione di passare a prodotti organici.  In particolare, si è cercato di analizzare il ruolo del coinvolgimento, dei valori personali e dei dati demografici sull'intenzione di acquistare prodotti organici recuperati dai rifiuti alimentari urbani. La comprensione dei fattori che determinano l'accettazione dei prodotti a base organica da parte dei consumatori offre l'opportunità di costruire nuovi sistemi a ciclo chiuso e di commercializzare con successo il riutilizzo dei rifiuti alimentari urbani.

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Anche nelle aree più avanzate del mondo, le percentuali di riciclo dei prodottisono troppo basse per essere sostenibili. Le bioplastiche, plastiche ricavate da materie prime rinnovabili che soddisfano gli standard di biodegradabilità, sono considerate una possibile alternativa alle plastiche convenzionali. A differenza delle plastiche tradizionali, le bioplastiche si deterionano in condizioni calde e umide e/o possono essere ottenute da rifiuti organici. Grazie a queste caratteristiche, i prodotti realizzati con bioplastiche hanno il potenziale per una possibile transizione da economie fondate su modelli linearei a modelli circolari attraverso un efficientamento delle risorse, in quanto i rifiuti possono diventare una preziosa risorsa di produzione, sostituendo i materiali ottenuti da combustibili fossili e fornendo significativi benefici all'ambiente.   Questa ricerca prende in considerazione il punto di vista dei consumatori per analizzare i fattori che potrebbero portare all'accettazione da parte del mercato di prodotti realizzati con questo particolare tipo di plastica. E’ stato sviluppato un modello concettuale che considera i drivers psicologici che potrebbero incoraggiare la transizione dei consumatori da un'economia lineare a un'economia circolare, con l'obiettivo di comprendere meglio cosa guidi le intenzioni dei consumatori nell'acquisto di prodotti ottenuti da rifiuti organici. In particolare, la green self identity dei consumatori influisce positivamente sul valore percepito di questi prodotti, portando a una maggiore intenzione di acquisto. Inoltre, viene riscontrato un effetto di moderazione da parte della self-congruity e tale relazione non dipende dal livello di coinvolgimento relativo al prodotto.

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I beni comuni ambientali sono vulnerabili al sovrasfruttamento e a comportamenti opportunistici, che possono portare alla loro distruzione. Mentre le istituzioni gestiscono tradizionalmente queste risorse, forme organizzative partecipative, come le reti collaborative, sono sempre più riconosciute per il loro ruolo nel promuoverne una crescita sostenibile. In questo contesto, le reti d’impresa possono svolgere un ruolo chiave nella tutela e nella rigenerazione dei beni comuni, promuovendo comportamenti cooperativi, come l'adozione di vincoli che limitino lo sfruttamento delle risorse e dei beni comuni. Le tecnologie digitali consentono a queste reti collaborative di adottare piattaforme partecipative che facilitano un coordinamento efficiente nelle interazioni tra gli attori. Tali piattaforme aiutano a gestire i beni comuni in modo più efficace, contribuendo alla rigenerazione degli stessi. Questo studio analizza la rete d’impresa Omega, incentrata sulla produzione di uva nella zona della Valpolicella (Italia), dove l'implementazione di una piattaforma digitale ha migliorato significativamente la gestione dei beni comuni della rete, favorendone la loro rigenerazione. La piattaforma consente di monitorare in tempo reale la salute dei vigneti e delle zone rurali e di garantire che le attività agricole necessarie siano eseguite tempestivamente, supportando così la gestione sistemica delle risorse ambientali. Attraverso interviste, focus group e analisi di report aziendali, lo studio evidenzia come la piattaforma digitale sviluppata da Omega favorisca collaborazione, trasparenza e responsabilità tra i partecipanti alla rete. Integrando competenze agricole, manageriali e informatiche, la piattaforma migliora l'efficienza dei processi di gestione dei beni comuni della rete aziendale. I risultati mostrano che l'uso delle tecnologie digitali da parte di Omega riduce i comportamenti opportunistici e aiuta a mantenere elevati standard ambientali e di qualità, garantendo le condizioni per la sostenibilità della rete nel lungo termine. Nel complesso, lo studio dimostra come le strategie di trasformazione digitale possano influenzare positivamente la rigenerazione dei beni comuni, potenziando le strutture di governance, promuovendo la responsabilità sociale e arrivando a migliorare la redditività a lungo termine. Inoltre, lo studio sottolinea l'importanza del sostegno alla digitalizzazione da parte delle istituzioni, della collaborazione tra aziende e della consapevolezza dei consumatori in merito all’importanza della qualità ambientale.

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Sebbene il tema dei prodotti rigenerati rappresenti un fenomeno sempre più studiato in letteratura, la percezione e l'accettazione di tali prodotti da parte dei consumatori necessitano di essere maggiormente approfonditi. Questo studio esplora questo tema attraverso la lente teorica della Theory of Perceived Risk analizzando l’impatto delle politiche di reso e della scelta del canale di distribuzione per favorire le vendite dei prodotti rigenerati. La ricerca analizza come politiche di reso meno stringenti possano mitigare il rischio percepito dai consumatori e come la loro intenzione di acquisto possa variare tra canali di distribuzione (negozio fisico e online). L'indagine mostra come una politica di restituzione tollerante sia efficace nell'aumentare l'intenzione di acquisto dei consumatori di prodotti rigenerati in entrambi i canali (negozi fisici e online), mentre non sono state identificate differenze nella percezione tra i due canali di vendita. Infine, lo studio confronta il rischio percepito relativo ai prodotti nuovi con quelli rigenerati.

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Complessivamente, tra 1/3 e 1/2 di tutto il cibo prodotto finisce come rifiuto e la sua gestione rimane un significativo problema economico e di sostenibilità. La sua trasformazione in prodotti di maggior valore ha chiare implicazioni per lo sviluppo e il sostegno di un modello di economia circolare. Come forma di recupero di valore, i recenti progressi nella tecnologia dei polidrossialcanoati (PHA) consentono di trasformare i rifiuti alimentari urbani in un materiale di produzione ecologico, la bioplastica, e potrebbero contribuire a gestire i rifiuti in modo più sostenibile. Non è chiaro come il mercato e i consumatori potrebbero reagire ai prodotti in bioplastica e, purtroppo, molti dei consumatori odierni non sono necessariamente pronti a prendere in considerazione tali alternative, in quanto spesso valutano altri attributi dei prodotti (ad esempio, costo, qualità e prestigio associato) più della loro sostenibilità.   Una maggiore comprensione dell'intenzione dei consumatori di passare ai prodotti in bioplastica offre alle aziende l'opportunità di sviluppare sistemi agroalimentari all'avanguardia, redditizi e sostenibili. In particolare, questa ricerca ha preso in considerazione diversi indicatori individuali, come il livello di coinvolgimento dei prodotti, il valore percepito e il rischio di performance, nonché la consapevolezza e l'auto-identità ecologica dei consumatori, e ha valutato gli effetti sulla volontà dei consumatori di passare ai prodotti in bioplastica. Inoltre, offre spunti su come i manager e le aziende possono personalizzare le loro strategie relative all'introduzione di prodotti in bioplastica con rifiuti alimentari.

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La sostenibilità riveste un ruolo sempre più importante nelle pratiche aziendali, riflettendo le richieste di consumatori sempre più attenti all'ambiente, ed è considerata una strategia fondamentale per raggiungere il successo economico a lungo termine.   L'adozione di pratiche circolari stimola le aziende a trasformare l'intera catena del valore, migliorando l'efficienza complessiva del processo di produzione e consegna, sostenendo così il vantaggio competitivo delle aziende e apportando importanti benefici economici.   Ma i modelli di business incentrati sulla CE possono essere efficaci solo se il mercato ne riconosce la rilevanza.   Questo studio indaga sulla comunicazione delle aziende che adottano pratiche di economia circolare (CE), con l'obiettivo di valutare in che misura la promozione della circolarità aumenti la loro performance economica (misurata come ritorno sugli investimenti). Utilizzando un dataset unico di siti web di aziende, l'obiettivo è quello di catturare e analizzare gli sforzi promozionali online di un campione di aziende manifatturiere italiane impegnate in pratiche di CE.     I risultati mostrano che le attività promozionali volte a comunicare la circolarità svolgono un ruolo centrale nel segnalare l'attrattiva dell'offerta di un'azienda e, di conseguenza, nell'aumentare il ritorno degli investimenti nelle pratiche circolari. Per le PMI a bassa e media performance, in particolare, l'uso di comunicazioni web incentrate sulla circolarità può fare la differenza in termini di performance economica e potrebbero trarre beneficio da una segnalazione intensa della loro circolarità sul loro sito web; mentre per le PMI ad alta performance, non mostra alcun beneficio aggiuntivo.   Vengono proposte implicazioni teoriche e manageriali. 

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Nonostante l'evidenza che la responsabilità sociale d'impresa (CSR) sia sempre più considerata importante sia dalle imprese che dagli investitori, il dibattito sulla relazione tra CSR e performance aziendale è persistente. Questo articolo cerca di affrontare l'argomento concentrandosi sulla relazione tra performance ambientale (EnP) e performance economica (EcP), dal momento che la domanda se sia davvero redditizio essere verdi rimane senza risposta.   Gli investimenti in pratiche sostenibili devono essere allineati con l'obiettivo di garantire una EcP sostenibile, non solo per soddisfare le aspettative degli investitori, ma anche per garantire la fattibilità aziendale nel tempo.   Questo studio analizza un panel di 998 aziende statunitensi osservate nel periodo 2003-2017 utilizzando sia metodi tradizionali di dati panel sia una tecnica di regressione quantile incondizionata.   I risultati confermano in generale una correlazione positiva tra EnP ed EcP.  L'evidenza empirica conferma che la performance ambientale, misurata in termini di impegno ambientale e innovazione ambientale, influisce positivamente sulla performance economica in termini di rendimento delle risorse e del capitale.   Questa dimostrazione ci permette di concludere che l'EnP funziona come moltiplicatore dell'EcP. Le imprese verdi mostrano una migliore capacità di gestione delle risorse, che consente loro di raggiungere lo stesso EcP sfruttando meno risorse e con meno capitale, quindi tendono a essere più efficienti nel generare ricchezza futura.    I risultati confermano l'importanza di adottare pratiche sostenibili come l'economia circolare, non solo per migliorare il benessere della società, ma anche per ottenere vantaggi competitivi sostenibili.   Per concludere, vengono discusse le implicazioni manageriali e politiche. 

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La sostenibilità dei processi industriali è diventata sempre più critica mentre gli stakeholder cercano strumenti per guidare un processo decisionale informato. Questo studio introduce un quadro decisionale multicriteriale (MCDM) integrato per affrontare le incertezze nel prioritizzare i processi industriali sostenibili. La metodologia combina il metodo della gerarchia best-worst (BWM) per determinare i pesi dei criteri e dei sottocriteri e una tecnica di riferimento a intervalli per calcolare indici duali sintetici di sostenibilità. Questi indici comprendono l'indice di sostenibilità sintetico debole (compensativo) e l'indice di sostenibilità sintetico forte (non compensativo), permettendo così un solido confronto tra le alternative. L'approccio proposto incorpora punti di aspirazione (accettazione) e di riserva (desiderabili) per tenere conto delle incertezze, fornendo un meccanismo flessibile per valutare la sostenibilità. Un caso studio che coinvolge cinque tecnologie di stoccaggio dell'energia dimostra la fattibilità e l'efficienza del modello per la valutazione della sostenibilità attraverso le dimensioni economica, ambientale e sociale, che spesso interagiscono con fattori tecnologici, politici e culturali. I risultati suggeriscono il potenziale del modello come strumento prezioso per la definizione delle politiche e la comunicazione pubblica, in particolare aggregando diversi criteri in un indice di sostenibilità completo.  I vantaggi principali del modello sviluppato sono la capacità di gestire le incertezze dei dati attraverso i numeri di intervallo e l'approccio a doppio indice per l'analisi comparativa. Tuttavia, un limite notevole è la sua incapacità di affrontare preferenze contrastanti tra le parti interessate, come investitori, ingegneri e governi, le cui priorità possono divergere. Nonostante ciò, il modello offre un significativo progresso nel processo decisionale orientato alla sostenibilità, consentendo la selezione di processi industriali ottimali in base a criteri complessi e multidimensionali. 

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Questo articolo mira a valutare l'effetto dell'istituzionalizzazione degli SDGs sul concetto di città sostenibile intelligente. I risultati rivelano l'esistenza di parole chiave di intermediazione, che si posizionano in alto in entrambi i campi della letteratura, ma che mancano nel portafoglio di parole chiave sovrapposte. È il caso della gestione dell'acqua, dell'energia, della governance e della collaborazione. Mentre concetti come sostenibilità, gestione dei rifiuti, impegno civico e innovazione sono comuni, anche se esplorati in modo diverso. 

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Una maggiore attitudine dell'organizzazione a valorizzare la co-produzione degli utenti facilita i migliori risultati in termini di raccolta differenziata. 

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La sostenibilità ambientale delle strutture logistiche è sempre più critica, ma a livello accademico e manageriale si registra l’assenza di una metodologia standardizzata e completa per valutarne l’impatto ambientale. Questa ricerca propone un modello strutturato per quantificare sia i consumi che le emissioni di gas serra (GHG), adottando una metodologia in tre fasi che combina diversi approcci. La letteratura accademica ha supportato lo sviluppo di un modello analitico che è stato corroborato e sviluppato attraverso undici interviste approfondite con esperti del mondo logistico.   La metodologia proposta considera fonti di consumo eterogenee così come diverse tipologie di impieghi all’interno degli edifici logistici, suddividendo ulteriormente consumi ed emissioni per le diverse aree funzionali dei magazzini e proponendo un set di Indicatori di Prestazione Ambientale per favorire una comprensione più chiara delle performance ambientali del magazzino. Tale metodologia rappresenta uno strumento robusto e replicabile a disposizione dei manager per condurre sia valutazioni interne sia benchmarking con concorrenti o altri attori lungo la supply chain, contribuendo così a delineare le strategie di sostenibilità aziendale se non dell’intera supply chain. 

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Le questioni relative alla sostenibilità si estendono oltre i confini delle imprese multinazionali (MNE) e della nazione (o delle nazioni) in cui sono situate, aumentando la complessità, dato il panorama dinamico delle operazioni globali. Ora le imprese devono rispondere sempre più spesso delle operazioni e delle pratiche dei loro fornitori a livello globale.I manager hanno il compito di garantire che i loro fornitori globali rispettino le normative dei Paesi in cui operano e di monitorare le loro performance di sostenibilità.  Il documento tratta della crescente importanza della sostenibilità nelle catene di fornitura globali, indotta dalla richiesta sempre più pressante di rendicontazione delle performance ambientali, sociali ed economiche da parte delle aziende.L'obiettivo è quello di comprendere meglio, dalla prospettiva dell'acquirente, i fattori di contesto interni ed esterni alla relazione acquirente-fornitore che influenzano lo sviluppo e l'implementazione delle iniziative di sostenibilità della catena di fornitura globale. Lo studio esplora il modo in cui la distanza istituzionale - le differenze nei quadri normativi, cognitivi e regolamentari tra i Paesi - influisce sul successo delle iniziative di gestione sostenibile della catena di fornitura (SSCM). Intervistando i manager della catena di fornitura globale, la ricerca indica che le iniziative di sostenibilità di successo si basano più su obiettivi strategici condivisi che sulla distanza istituzionale tra i partner. Quando acquirenti e fornitori si allineano sugli orientamenti strategici verso la sostenibilità, possono superare le sfide poste dai diversi contesti istituzionali.I dati ottenuti possono aiutare a guidare i manager nell'approccio alle iniziative legate alla sostenibilità nel contesto delle catene di fornitura globali. Vengono discusse le implicazioni teoriche e manageriali.

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Le aziende che operano con modelli di catena di fornitura lineari spesso non considerano l'impatto che gli utenti finali possono avere sui processi chiave della catena.  Da ciò che viene prodotto a come viene prodotto, usato e smaltito, gli utenti finali hanno un'influenza significativa sul funzionamento delle catene di approvvigionamento.  Con la rapida evoluzione del commercio globale, i leader di imprese e governi sono alla ricerca di modelli circolari più localizzati e sostenibili, che pongano i “consumatori” al centro di reti di creazione di valore e di consumo dinamiche, che utilizzino l'economia circolare per promuovere una risposta altrettanto dinamica e sostenibile alle tendenze emergenti a livello nazionale e internazionale. Questo capitolo illustra il ruolo che i consumatori svolgono nello sviluppo e sostegno di strategie e processi di filiera circolare, basati sui principi fondamentali dell'Economia Circolare.  In primo luogo, il documento descrive le tendenze economiche, sociali ed ecologiche che motivano i leader e i manager delle organizzazioni a implementare modelli di filiera più circolari; anziché concentrarsi esclusivamente sul consumo, queste organizzazioni cercano di progettare sistemi di creazione di valore che supportino una visione più olistica della vita delle persone, con un coinvolgimento di aziende e consumatori attraverso i vari processi necessari a sostenere un ecosistema circolare equilibrato. Questi nuovi approcci danno potere ai consumatori, aumentano i profitti delle imprese sostenibili e riducono l'impatto ambientale delle attività umane.Il documento fornisce poi idee specifiche su come i manager possono fare leva sugli utenti finali per chiudere, rallentare, restringere, intensificare e dematerializzare i processi fondamentali della catena di fornitura.

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Per costruire un mondo sostenibile è necessario ripensare la crescita globale e lo sviluppo umano in modo da non danneggiare né il pianeta né gli altri individui e favorire la diffusione dei diritti fondamentali. Tuttavia, l'idea di sostenibilità potrebbe diventare astratta e distante, se non declinata nel contesto socio-culturale in cui può essere espressa. Questa ricerca si concentra sull'importanza per i governi e i politici di prendere in considerazione le varie combinazioni di dimensioni culturali per la realizzazione dei 17 SDGs e mira a rispondere se le dimensioni culturali di un Paese determinano livelli specifici di sviluppo sostenibile.   La ricerca sottolinea la necessità di esplorare l'importanza delle differenze culturali tra Paesi nel dare forma allo sviluppo sostenibile, analizzando dati transnazionali, concentrandosi sulla relazione tra le sei dimensioni culturali di Hofstede e l'indice degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) di 82 Paesi in tutto il mondo. L'evidenza empirica sostiene che la cultura influenza le modalità con cui i Paesi giungono a uno sviluppo sostenibile. La ricerca conferma che esistono molteplici combinazioni di dimensioni culturali legate a traiettorie di sviluppo sostenibile e che nessuna dimensione culturale è superiore alle altre, contribuendo in egual misura a migliorare le prestazioni di sostenibilità degli 82 Paesi presi in considerazione.   Data l'esistenza di molteplici modalità per raggiungere lo stesso obiettivo, traiamo alcune implicazioni politiche per consigliare i politici e i governi su come migliorare lo sviluppo sostenibile dei loro Paesi, tenendo conto delle loro caratteristiche culturali. 

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Le infrastrutture di collaborazione culturale e digitale come fattori abilitanti della sostenibilità: un approccio configurazionale Le interazioni commerciali globali stimolano l'adozione di tecnologie digitali tra aziende partner (nazionali o internazionali), evidenziando l'importanza della collaborazione strategica e del coordinamento, sottolineando l'urgenza di bilanciare i risultati economici con la responsabilità sociale e la tutela dell'ambiente al fine di garantire le performance di sostenibilità dei mercati globali. Le aziende stanno progressivamente utilizzando strumenti digitali per raggiungere obiettivi di sostenibilità, come lo sviluppo di processi produttivi più ecologici, la riduzione dell'impatto ambientale, la mappatura dell'impronta ambientale o il miglioramento del benessere sociale. Questo studio adotta un approccio inter-organizzativo, cercando di capire se le relazioni di rete tra aziende, abilitate dalla digitalizzazione possano potenzialmente innescare cambiamenti positivi nel contesto sociale ed economico nazionale. Attraverso l’analisi di tre diverse banche dati a livello nazionale, lo studio investiga in che modo differenti combinazioni di fattori culturali favorevoli alla collaborazione e di infrastrutture digitali possano condurre a migliori performance di sostenibilità. I dati longitudinali raccolti per tre anni su 16 Paesi europei sono analizzati con un'analisi comparativa qualitativa. I risultati suggeriscono che i Paesi con alti livelli di fattori digitali e culturali che favoriscono la creazione di reti collaborative tra le aziende, sono anche caratterizzati da elevate performance di sostenibilità. Inoltre, anche in assenza di alti livelli di fattori culturali che favoriscono la collaborazione, la presenza di infrastrutture digitali è sufficiente per favorire la performance di sostenibilità. Quando invece l'infrastruttura digitale è assente, anche se i fattori culturali sono presenti, i Paesi non evidenziano alti livelli di sostenibilità. Questo studio incoraggia i policymakers e le istituzioni a investire nello sviluppo delle infrastrutture digitali e a creare le condizioni per favorire la collaborazione delle imprese a livello nazionale.

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L'interesse dei consumatori per l'economia circolare è riconosciuto come un fattore determinante per la transizione da un paradigma lineare a uno circolare.  I prodotti circolari (Cps) sono quelli progettati e realizzati appositamente per favorire la loro longevità, il loro riutilizzo e il ricircolo delle risorse. Soprattutto i giovani consumatori (la Generazione Z) sono sempre più informati e sensibili alla responsabilità ambientale e sociale e quindi più attenti allo spreco di risorse. Mentre i comportamenti della Gen Z e la loro particolare sensibilità e propensione per i prodotti ecologici sono stati esplorati dalla letteratura recente, la ricerca che esplora i comportamenti specifici della Gen Z verso i prodotti circolari rimane scarsa.  Questa ricerca esplora il comportamento dei consumatori della Gen Z nel contesto dell'economia circolare (Ce). Basandosi sulla teoria della coorte generazionale (Gct), lo studio indaga in che misura la percezione dei prodotti circolari (Cps) da parte dei Gen Z e il livello della loro coscienza ambientale influenzino la loro propensione ad adottare comportamenti circolari.  Lo studio analizza le risposte ai sondaggi web provenienti dalle piattaforme di social media. I risultati mostrano una relazione positiva tra la percezione dei prodotti circolari da parte dei Gen Z e i cicli di rallentamento e intensificazione, mentre la coscienza ambientale è positivamente correlata ai cicli di dematerializzazione e rallentamento.

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L’articolo analizza le pratiche di sostenibilità aziendale interne ed esterne, insieme all'agilità della supply chain, per migliorare le perfomance. Le pratiche interne riguardano risorse umane, comunità e ambiente, mentre quelle esterne si concentrano sulla sostenibilità sociale e ambientale della supply chain e la responsabilità verso i clienti. I risultati derivano da un questionario su oltre 150 aziende manifatturiere e commerciali, analizzati con fsQCA, e rivelano 6 diverse configurazioni per ottenere la stessa performance di sostenibilità elevata. Le pratiche individuate e l'agilità della supply chain sono risorse chiave per i manager che vogliono ottenere risultati di sostenibilità significativi. Il framework teorico che ha permesso di spiegare quanto trovato è la Resource Orchestration Theory (ROT), che evidenzia l'importanza della combinazione delle pratiche, non del loro singolo effetto. Sono implicazioni importanti per le imprese per massimizzare la sostenibilità aziendale attraverso una gestione oculata delle risorse e una configurazione strategica delle pratiche interne ed esterne lungo la supply chain. 

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Questo studio analizza l'applicazione delle "dynamic capabilities" (capacità dinamiche) nel contesto della produzione agile di 99 aziende manifatturiere italiane. L'obiettivo è indagare se e come la produzione agile influenzi la performance economica, ambientale e sociale di queste aziende. In questo studio sosteniamo che la produzione agile, trattata come una dynamic capability, può contribuire a migliorare la performance aziendale in modo indiretto, poiché comporta una trasformazione delle risorse e dei processi aziendali. Tuttavia, due capacità di trasformazione vengono identificate come meccanismi di mediazione nella relazione tra produzione agile e performance aziendale sostenibile: l'apprendimento interno e le capacità di riconfigurazione. I risultati dello studio indicano che entrambe le capacità di trasformazione sono necessarie per massimizzare gli effetti positivi della produzione agile sulla performance aziendale sostenibile. Questo studio fornisce un importante contributo alla comprensione del ruolo delle dynamic capabilities nella produzione agile e delle modalità con cui tali capacità possono contribuire alla sostenibilità aziendale su più fronti. 

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La sostenibilità ambientale della logistica è una priorità critica per le aziende che, tuttavia, spesso non riscontrano chiarezza su come allineare la sostenibilità con gli obiettivi definiti a livello strategico. Poiché questa mancanza di chiarezza impedisce loro di tradurre la sostenibilità in azioni concrete, questa ricerca analizza come le aziende possano integrare concretamente la sostenibilità ambientale della logistica con le loro strategie aziendali. La ricerca è basata su studi di caso multipli, che hanno coinvolto diversi committenti e fornitori di servizi logistici in Italia. I risultati raccolti attraverso interviste semi-strutturate evidenziano come le aziende sembrino più motivate dalla necessità di conformarsi alle normative o di proteggere la propria reputazione ambientale, piuttosto che da una reale comprensione della necessità di adottare pratiche sostenibili. Di conseguenza, la ricerca propone un framework per favorire l’allineamento tra sostenibilità ambientale della logistica e strategia aziendale, articolato in cinque dimensioni principali: grado di consapevolezza, grado di formalizzazione, sistemi di misurazione, governance e responsabilità, e allocazione del budget. 

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Gestire i rifiuti e promuovere la transizione verso un'economia efficiente in termini di risorse sono elementi chiave della politica ambientale europea, insieme agli obiettivi di stimolare l'innovazione nel riciclo e limitare lo smaltimento in discarica.    La gestione dei rifiuti solidi urbani è un problema che comporta implicazioni economiche, ambientali e sociali.  Questa ricerca mira a comprendere la rilevanza ambientale del trasporto dei rifiuti e a valutare come attuare la cooperazione interterritoriale per la gestione dei rifiuti.   È difficile trovare un consenso su un metodo per valutare la sostenibilità ambientale dei servizi di gestione dei rifiuti solidi, soprattutto a causa della multidimensionalità del fenomeno, ma l'applicazione della prospettiva life cycle può contribuire a comprendere le strategie per la sostenibilità ambientale, a cogliere le condizioni locali e a identificare i problemi critici e le opzioni di miglioramento.      Questa ricerca analizza un caso di studio e confronta tre scenari alternativi per evidenziare le implicazioni pratiche e l'impatto ambientale della pianificazione dei flussi di rifiuti solidi urbani.  I risultati indicano che l'incidenza del trasporto, considerando sia la distanza percorsa che la modalità di trasporto, è rilevante al punto che, se non considerata, può portare a decisioni inefficaci e potrebbe ridurre l'efficienza dell'intero sistema.   La metodologia e l'indicatore proposti sono trasferibili per la valutazione della sostenibilità ambientale di altri servizi di pubblica utilità che coinvolgono i sistemi di trasporto nelle loro catene di fornitura, come il riciclo dei rifiuti o il trattamento delle acque reflue. 

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La sostenibilità nella produzione dell'acciaio è considerata una sfida globale che deve essere affrontata con azioni coordinate, soprattutto considerando gli impatti ambientali del settore. La principale fonte di rifiuti solidi nell'industria siderurgica sono le scorie d'acciaio, ma le pratiche di circolarità hanno il potenziale per fornire benefici ambientali.   Grazie alla metodologia LIfe Cycle Assessment (LCA) è possibile valutare l'impatto ambientale ed esplorare la transizione circolare.       Questa ricerca, attraverso un caso studio, evidenzia le implicazioni ambientali associate alla gestione delle scorie di acciaio in termini di circolarità . A tal fine, applica le metodologie Organizational Life Cycle Assessment  (O-LCA) e Product Life Cycle Assessment (P-LCA) per comprendere fino a che punto possono essere rilevati i miglioramenti ambientali.   I risultati mostrano che le variazioni ottenute con l'applicazione della P-LCA sono maggiori di quelle ottenute con l'applicazione della O-LCA. Inoltre, emerge che la metodologia O-LCA è in grado di rilevare i miglioramenti ambientali delle pratiche di circolarità ed è utile per stabilire e monitorare gli obiettivi di riduzione dell'impatto ambientale a livello di organizzaizone, ma la riduzione degli impatti è meno evidente rispetto all'applicazione P-LCA. Le metodologie O-LCA e P-LCA, tuttavia, non sono intercambiabili per quantificare i benefici ambientali e affrontare gli sforzi per migliorare un processo in termini di circolarità.  

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L'industria della moda è tra i settori più inquinanti, con sfide di sostenibilità che si estendono dalla produzione alle pratiche di consumo. I giovani adulti, una fascia demografica critica di consumatori, riconoscono l'importanza della sostenibilità e il loro ruolo nel promuoverla. Tuttavia, l'adozione di una moda sostenibile non appariscente e l'efficacia della comunicazione per l’adozione di comportamenti più sostenibili rimangono aspetti poco esplorati. Questo studio esamina la percezione della moda sostenibile da parte dei giovani adulti e l'impatto delle indicazioni di sostenibilità visibili sul prodotto sulle intenzioni di acquisto. Utilizzando un approccio di tipo misto, con tre focus group e due esperimenti online, questa ricerca identifica i fattori che influenzano l'atteggiamento dei consumatori, tra cui l'estetica, la qualità, la funzionalità, la valutazione del marchio e il prezzo, dove la sostenibilità emerge come un attributo secondario ma apprezzato.   I risultati rivelano che le indicazioni sulla sostenibilità possono suscitare reazioni contrastanti: mentre alcuni consumatori le apprezzano come mezzo di riconoscimento, altri le percepiscono con scetticismo, associandole a una comunicazione inefficace o a un “marketing superficiale”. L'attenzione per l'ambiente, un fattore di moderazione della relazione, aumenta le intenzioni di acquisto dei consumatori più sensibili, che integrano la sostenibilità nella loro identità sociale. Al contrario, la preoccupazione di essere percepiti come meno alla moda dissuade gli altri dall'impegnarsi in una moda visibilmente sostenibile.   Le implicazioni pratiche sottolineano la necessità di una comunicazione della sostenibilità trasparente, accessibile e relazionabile per colmare il divario tra percezioni positive e comportamenti reali. Questo studio contribuisce a comprendere l'interazione tra attenzione all'ambiente, identità sociale e indicazioni di sostenibilità nell'industria della moda. Le aziende di moda e i responsabili politici possono sfruttare questi risultati per migliorare l'attrattività della moda sostenibile, allineando la sostenibilità con le tendenze del momento e riducendo gli stereotipi connessi. Le opportunità di ricerca future includono l'esame di diversi segmenti di consumatori e la valutazione dei cambiamenti comportamentali a lungo termine.   

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Oggi l'industria della pesca pone problemi di sostenibilità a lungo termine, soprattutto nel Mediterraneo, nel Mar Nero, nel Pacifico sud-orientale e nell'Atlantico sud-occidentale, che ignorano i livelli di cattura sostenibili. Questo studio esamina come le piccole e medie imprese (PMI) a conduzione familiare del settore ittico si approcciano alle pratiche di sostenibilità nel contesto della Blue Economy. Con le industrie della pesca che devono affrontare sfide di sostenibilità a lungo termine, in particolare in regioni come il Mediterraneo e l'Atlantico sud-occidentale, la necessità di una gestione responsabile delle risorse è fondamentale. Il concetto di Blue Economy, che enfatizza la crescita economica, l'inclusione sociale e la sostenibilità ambientale, si allinea con l'SDG 14 delle Nazioni Unite per la conservazione dell'ambiente marino. Tuttavia, nonostante l'importanza della sostenibilità, molte PMI, che rappresentano il 99% delle imprese nell'area OCSE, mostrano un minore impegno verso queste pratiche rispetto alle aziende più grandi. Questa ricerca indaga su come le PMI a conduzione familiare del Distretto della Pesca COSVAP della Sicilia occidentale implementino misure di sostenibilità. Utilizzando dati qualitativi raccolti attraverso interviste semi-strutturate, lo studio identifica tre approcci manageriali alla sostenibilità: “sostenibilità come minaccia”, “sostenibilità con compromesso” e “sostenibilità come opportunità”. I risultati indicano che solo le aziende che adottano l'approccio “sostenibilità come opportunità” integrano pienamente la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Al contrario, le aziende che adottano l'approccio “sostenibilità come minaccia” ignorano la sostenibilità, mentre quelle che adottano l'approccio “sostenibilità con compromesso” danno priorità al profitto a breve termine rispetto alla sostenibilità complessiva. Lo studio evidenzia l'eterogeneità degli approcci alla sostenibilità tra le PMI a conduzione familiare e suggerisce che le aziende e i politici collaborino per promuovere un futuro più sostenibile. Le implicazioni pratiche includono l'incoraggiamento delle PMI a passare alla mentalità della “sostenibilità come opportunità” e il coinvolgimento di un maggior numero di aziende in progetti orientati alla sostenibilità.

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Con l'evoluzione del fashion verso una moda sempre più sostenibile, si evolvono anche le preferenze dei consumatori. Questa ricerca esplora un ambito spesso trascurato: il ruolo della sostenibilità nelle occasioni speciali come il matrimonio. Grazie a 35 interviste in profondità, si è esplorato l'atteggiamento dei consumatori nei confronti delle alternative sostenibili, concentrandoci sul ruolo centrale dei prodotti moda nelle occasioni speciali. La ricerca ha permesso di identificare i significati più profondi associati alle occasioni speciali, comprendendo come la sostenibilità contribuisca allo sviluppo di questi significati e influenzi le scelte dei consumatori. Alla luce di questo, lo studio fornisce indicazioni utili per le aziende del settore moda per adattare le loro comunicazioni in modo che guidino il consumatore verso scelte più responsabili senza però allontanarsi dai significati e dai valori ricercati dai consumatori nelle occasioni speciali. 

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Il turismo, pur essendo economicamente vantaggioso, ha spesso impatti negativi sulle destinazioni di viaggio, tra cui l'overtourism e il degrado ambientale. Affrontare questi effetti dannosi è diventata una priorità per molte organizzazioni di gestione delle destinazioni (DMO), che spesso si scontrano con un controllo insufficiente sulle politiche a diversi livelli di stakeholder. Il presente lavoro si propone di fornire alle DMO e ai decisori politici uno strumento per monitorare e gestire i flussi e i comportamenti turistici, enfatizzando la sostenibilità. Lo studio sfrutta approcci di big data, integrando dati strutturati della rete di telefonia mobile (TELCO) e contenuti online non strutturati generati dagli utenti (UGC), per analizzare i comportamenti sostenibili dei turisti e introduce un approccio dinamico che utilizza lenti spaziali e temporali per tracciare i comportamenti reali dei turisti.  Concentrandosi su Verona, Italia, la ricerca identifica come i turisti interagiscono con i contesti naturali e sociali, valutando il loro impatto sulla città nel tempo.Lo studio rileva una tendenza crescente verso il turismo esperienziale, in cui i turisti si confrontano con la cultura locale al di fuori delle attrazioni principali. Questo cambiamento favorisce un turismo sostenibile, riducendo la congestione nelle aree più frequentate.Da un punto di vista manageriale, lo studio fornisce un approccio metodologico per controllare e interpretare i comportamenti reali sostenibili. Cattura l'evoluzione dei percorsi e delle attrazioni visitate nel tempo, fornendo approfondimenti sull'impatto delle politiche pubbliche sui comportamenti e sulle scelte dei turisti. I risultati consentono a Verona di ottimizzare i flussi di mobilità, rivedere l'offerta delle destinazioni e migliorare la promozione di esperienze locali diversificate, favorendo così una gestione sostenibile della città e la creazione di nuove opportunità di business.

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I prodotti alimentari deperibili generano notevoli scarti e consumano un'elevata quantità di energia a causa dei requisiti di conservazione della qualità e della sicurezza, mettendo a dura prova le supply chain ed evidenziando la necessità di migliorarne l'efficienza e la sostenibilità ambientale.  L'integrare la prospettiva del ciclo di vita nelle supply chain dei prodotti alimentari freschi può fornire indicazioni preziose per lo sviluppo e il miglioramento di una strategia di sostenibilità ambientale, consentendo alle aziende di ottimizzare i processi e prendere decisioni informate per ridurre l'impatto complessivo dei loro prodotti. Comprendere le implicazioni ambientali del ciclo di vita può influenzare l'approvvigionamento delle materie prime, i processi produttivi, i metodi di trasporto e le decisioni di smaltimento, rispondendo alla necessità di adottare un approccio olistico che comprenda l'intera supply chain, dalla coltivazione al consumo. Analizzando 40 studi diversi, questa ricerca esplora come ogni attore della filiera alimentare fresca possa ridurre il proprio impatto ambientale. Rivela inoltre le preoccupazioni ambientali create dai prodotti deperibili e identifica soluzioni strategiche per evitare lo sbilanciamento degli oneri ambientali all'interno della supply chain intra- e inter- organizzativa.  Le soluzioni proposte si concentrano principalmente sulla coltivazione, sui materiali per il confezionamento, sul trasporto e sullo stoccaggio dei prodotti e sulla gestione dei rifiuti. Queste pratiche possono essere declinate in tre dimensioni: tecnologica, operativa e gestionale e vanno dall'individuale (può essere messa in atto a livello di funzione e/o organizzazione) all'altamente interconnessa (può essere applicata solo attraverso la cooperazione con altre parti lungo la catena di approvvigionamento).

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In un'epoca in cui la diversità, l'equità e l'inclusione (DEI) sono elementi centrali per il progresso della società, ci si aspetta sempre più che i marchi sostengano questi valori nella loro pubblicità. Tuttavia, quando i marchi trascurano i principi DEI, in particolare nelle campagne sui social media, rischiano di provocare reazioni fortemente negative da parte dei consumatori. Questa ricerca esplora le conseguenze delle trasgressioni delle marche in pubblicità che violano i valori DEI, concentrandosi sul modo in cui tali violazioni portano a un passaparola elettronico (e-WOM) negativo e influenzano le relazioni tra consumatore e marca. Esaminando gli effetti diretti e indiretti, lo studio rivela che le emozioni negative, tra cui rabbia, disprezzo e indignazione morale, svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare le reazioni dei consumatori. Queste emozioni spesso sfociano nell'elusione del marchio, nell'attivismo anti-marchio e in un crescente odio per il marchio, ulteriormente amplificato dalla diffusione virale di e-WOM negativi, in particolare sotto forma di tempeste di fuoco online. La ricerca evidenzia la natura contagiosa dell'e-WOM, in cui la solidarietà per coloro che si sentono offesi dalla pubblicità può stimolare l'indignazione collettiva, favorendo un ciclo di comportamenti negativi da parte dei consumatori.  Inoltre, lo studio sottolinea che la gravità delle reazioni dei consumatori è legata all'allineamento dei valori del marchio con i suoi contenuti pubblicitari. I marchi con un comportamento etico coerente hanno maggiori probabilità di riprendersi dalle trasgressioni, mentre azioni contraddittorie possono portare a danni a lungo termine. I risultati suggeriscono che i marchi devono adottare strategie proattive di gestione delle crisi, impegnandosi in un dialogo in tempo reale con i consumatori e affrontando rapidamente le preoccupazioni per mitigare gli effetti duraturi delle trasgressioni del marchio sulla fedeltà dei consumatori. 

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Ricercatori e professionisti della logistica e della gestione della supply chain hanno dedicato notevoli sforzi allo sviluppo delle pratiche di logistica sostenibile (GLPs). Per accelerare l’evoluzione delle GLPs nel contesto della crescente crisi climatica, questa ricerca ha approfondito l’intersezione tra la realtà accademica e quella aziendale, confrontando la loro reattività alle esigenze della logistica sostenibile nel tempo. È stata quindi condotta una revisione sistematica della letteratura sullo sviluppo delle GLPs nelle riviste accademiche, combinata con un'analisi del contenuto dei report annuali e di sostenibilità pubblicati dai principali fornitori globali di servizi logistici negli ultimi tre decenni.  La ricerca rivela che tutte le GLPs discusse nella letteratura accademica sono già state applicate e documentate dai professionisti in modo coerente e per un lungo periodo di tempo. Il progresso accademico risulta ostacolato da metodologie empiriche caratterizzate da lenti sviluppi, lunghi processi di finanziamento e reclutamento, e tempi estesi di peer review. Inoltre, emerge una tendenza alla creazione reattiva di conoscenza piuttosto che a un trasferimento proattivo della stessa, offuscando il ruolo degli accademici nell’orientare l’avanzamento sostenibile del settore.  Di conseguenza, la ricerca propone diverse raccomandazioni al fine di favorire una migliore collaborazione nella ricerca sulla logistica sostenibile e aumentarne la reattività agli eventi globali. Le lacune individuate suggeriscono un paradigma trasformativo per la collaborazione tra accademia e industria, combinando un filone di ricerca proattivo, orientato al trasferimento di conoscenza, con uno più tradizionale, focalizzato sulla creazione di conoscenza. 

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La letteratura accademica relativa alle pratiche di logistica sostenibile (GLPs) è in continua espansione, suggerendo diverse strategie che le aziende possono adottare per ridurre l'impatto ambientale della logistica. Queste strategie dipendono da diversi fattori interni alle aziende che possono fungere da barriere o da facilitatori delle GLPs. Tuttavia, il ruolo degli stakeholder esterni è meno esplorato, nonostante sia cruciale per l’implementazione efficace di queste pratiche. Questo studio integra, dunque, il quadro teorico esistente con evidenze empiriche per fornire un’analisi dettagliata degli stakeholder coinvolti nelle GLPs.  Utilizzando la teoria degli stakeholder, gli autori hanno esplorato come committenti e fornitori di servizi logistici in Italia sviluppano le pratiche di logistica sostenibile e quali fattori impattino maggiormente sul loro sviluppo. Sono stati identificati diversi effetti a cascata tra i fattori che influenzano l’adozione delle GLPs (ad esempio, i principali fattori economici sono condizionati da fattori esterni che, a loro volta, influenzano i fattori organizzativi e collaborativi). Questi effetti sono moderati dalle interdipendenze tra stakeholder primari e secondari, tra cui spiccano i consumatori finali.  Questo studio contribuisce dunque ad una migliore comprensione delle motivazioni e delle modalità di adozione delle GLPs da parte delle aziende, mettendo in luce l'ampia gamma di stakeholder coinvolti e il loro impatto attraverso una serie di fattori di influenza. Committenti e fornitori di servizi logistici non possono più affrontare l’adozione delle GLPs come aziende isolate, ma solo come parte di una “rete centrale di stakeholder interconnessi”, tutti coinvolti nell’adozione delle pratiche di logistica sostenibile. 

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Questo studio si inserisce nel dibattito sull'interazione tra le tecnologie digitali e il perseguimento degli obbiettivi di sviluppo sostenibile nelle aziende. L’articolo analizza se le pressioni di stakeholder esterni a livello della catena di fornitura spingano le aziende verso una transizione digitale e sostenibile (c.d. twin transition o doppia transizione) e come questo effetto vari in base alla dimensione aziendale e all’intensità di relazioni collaborative tra le aziende. Utilizzando un campione di aziende del settore moda situate nell’Italia del nord-est, è stato proposto e testato un modello concettuale applicando un’analisi di mediazione moderata. Il nostro modello suggerisce che le collaborazioni tra aziende siano fondamentali per sfruttare le tecnologie digitali a favore della twin transition, sottolineando l'importanza del coordinamento nell'adozione tecnologica lungo l'intera catena del valore. I risultati confermano che l’esistenza di partnership collaborative aumenta la propensione e la capacità delle aziende ad utilizzare le tecnologie digitali per la twin transition. Inoltre, abbiamo riscontrato che la relazione positiva tra le pressioni di stakeholder esterni per l'adozione tecnologica e il comportamento collaborativo delle imprese è moderata dalla dimensione aziendale. Da un lato, quando aumentano le pressioni degli stakeholder che spingono verso la trasformazione digitale, le aziende più piccole tendono a collaborare più frequentemente rispetto a quelle di maggiori dimensioni. Dall’altro, indipendentemente dalla loro grandezza, tutte le imprese mostrano un incremento della collaborazione quando le pressioni esterne raggiungono livelli elevati. Questo studio offre nuove prospettive sul ruolo cruciale delle collaborazioni inter-organizzative all'interno della catena di fornitura nel favorire la twin transition.

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